giovedì 27 maggio 2010

Pop filosofia: “ripensare” le produzioni del pensiero nella società di massa

Presentato il volume collettaneo presso la libreria Laterza

da barilive.it 27/05/10 - http://www.barilive.it/news/news.aspx?idnews=17439


Appuntamento di grande classe ieri pomeriggio presso la libreria Laterza la presentazione di“Popfilosofia”, volume collettaneo frutto del lavoro di un’equipe di 11 studiosi riuniti da Simone Regazzoni, giovane studioso allievo di J. Deridda. Alla presentazione hanno preso parte lo stesso Regazzoni, Francesca Romana Recchia Luciani e Tommaso Ariemma, moderati da Antonella Gaeta.

Il lavoro da questi svolto consiste nell’applicazione delle categorie filosofiche ad alcuni fenomeni culturali di massa, applicazione non effettuata con il distacco tipico con cui la cosiddetta “cultura alta” guarda la cosiddetta “cultura bassa”: in questa operazione la filosofia stessa ha l’ambizione di diventare un evento pop, riappropriandosi di quel carattere essoterico che le è appartenuto sin dalla sua origine e che si è invece smarrito, a detta della comunità dei pop filosofi, all’interno del recinto della filosofia accademica. Con orgoglio Regazzoni ha ripetutamente ricordato che gli undici autori di Pop filosofia sono quasi tutti ai margini o addirittura fuori dalla vita accademica.
I tre fenomeni di “pop culture” su cui si sono concentrati i tre autori presenti ieri in libreria sono il film western “il mucchio selvaggio” (Regazzoni), vero cult movie di Sam Peckinpah e le fortunate serie televisive “Sex and the city” (Recchia Luciani) e Mad men (Ariemma). La ricercatrice barese Francesca Romana Recchia Luciani ha spiegato come lo studio delle 74 puntate di Sex and the city sia avvenuto attraverso una triplice lente concettuale incentrata intorno alle tematiche di corpo, merce ed amore, tre temi fortemente presenti in ogni puntata, portandone in evidenza l’interazione con l’ambientazione metropolitana del racconto.
L’intento di queste operazioni è quello di “ripensare”, cioè di portare in evidenza la razionalità e la portata concettuale sottesa a fenomeni culturali di massa, secondo l’assunto che vi sia produzione di pensiero ovunque.

Il clima della discussione è stato costantemente disteso ed il pubblico si è vistosamente divertito, ma gli autori presenti hanno voluto sottolineare l’assenza di ironia nel loro lavoro e la distanza di questo dal divertissement tipico dell’accademico che si interessa di “cultura bassa”, mantenendo sempre le distanze dalla parte seria ed “alta” del proprio lavoro.
Regazzoni ha inoltre insistito sul tema della contaminazione tra cultura di massa e filosofia, sostenendo che quest’ultima non debba temere, ma invece ricercare questo “imbastardimento” preferendolo all’osservazione critica e distaccata. Da questa contaminazione la pop filosofia deve prendere anche l’impossibilità di assumere una forma definitiva, ma di essere contraddistinta invece da una natura virale, di contagio rapido, le cui dinamiche sono difficilmente controllabili.

mercoledì 26 maggio 2010

Pop filosofia e Pornosofia: Simone Regazzoni a Bari

Intervista al filosofo recentemente cacciato dalla Cattolica

da barilive.it 26/05/10 - http://www.barilive.it/news/news.aspx?idnews=17424

Simone Regazzoni è un giovane e promettente filosofo italiano. È stato allievo di Jacques Deridda, il filosofo francese che con il “decostruzionismo” ha messo in questione i “margini della filosofia” e della metafisica occidentale, riconsiderando temi da queste tenute al bando. È forse partendo da questo approccio che Regazzoni da qualche anno rivolge la sua attenzione a fenomeni di cultura di massa, quelli a cui da sempre il mondo accademico si accosta con snobismo. Ha trattato temi quali Harry Potter e la fortunata serie televisiva Lost, formando anche un gruppo di lavoro sui temi della serie televisiva (gruppo a cui ha preso parte anche la barese Francesca Romana Recchia Luciani). Questi giorni è a Bari per presentare i suoi ultimi due lavori: Pornosofia e l’opera collettanea Pop filosofia (ne discuterà stasera alle 18.00 presso la libreria Laterza). Il primo, un libro in cui analizza il fenomeno del mondo del porno, gli è valso la cacciata dall’Università Cattolica di Milano ; il secondo è un manifesto di riforma totale dello statuto della riflessione filosofica. Gli abbiamo chiesto di dirci qualcosa di più.

Un aspetto da cui è forse il caso di partire è quella che possiamo chiamare la legittimità di chiamare riflessione filosofica una riflessione sul mondo del pop, delle fiction televisive, del mondo del porno. Che cosa è successo nella storia del pensiero che oggi permette di chiamare “riflessione filosofica” una riflessione che ha ad oggetto Cicciolina, Lost accanto alla sostanza ed all’essere?
Ai miei occhi nulla di così rivoluzionario, benché è chiaro che delle novità ci siano. Perché dico nulla di rivoluzionario? Perché da un lato la filosofia oltre a occuparsi di essere, sostanza, senso, ecc. si è occupata di opere di fiction (ed è stata essa stessa opera di fiction: basti pensare ai dialoghi platonici), dall'altro perché vi sono stati filosofi che hanno usato la fiction come spazio per riflettere sulle grandi questioni filosofiche. Penso ad esempio al lavoro di lettura degli esprimibili ellittici degli stoici fatto da Deleuze attraverso "Alice nel paese delle meraviglie". Nessuna rivoluzione, dunque. La novità sta nel fatto che l'opposizione cultura alta/cultura bassa si è autodecostruita nel corso del Novecento aprendo la strada almeno alla possibilità (perché davvero siamo ancora agli inizi) di confrontarsi con la cultura di massa.

Nel secolo scorso Adorno condannavano la cultura di massa e l’arte ridotta ad oggetto di consumo. Oggi appare imprescindibile per chi voglia comprendere il mondo contemporaneo accostarsi ad essa senza pregiudizi. Il suo approccio fa però di più e sembra quasi entusiastico. Perché?
Forse entusiastico è eccessivo, non so. Ma non escludo che un certo entusiasmo filtri dalle pagine che scrivo. Perché? La risposta più seria è naturalmente: non lo so. C'è qualcuno in me che prova godimento a giocare filosoficamente con alcuni oggetti della cultura di massa, ma le ragioni di questo godimento il mio io non le conosce e non le vuole nemmeno conoscere. Io scrivo a partire da questo godimento. Al di là di questo c’è però un aspetto preciso di ciò che definisco “pop filosofia” che può indurre lei a parlare di entusiasmo: la pop filosofia non si accosta senza pregiudizi alla cultura di massa per analizzarla; la pop filosofia si contamina con la cultura di massa per dar vita a oggetti filosofici ibridi che sono essi stessi opere filosofiche pop. È un punto per me strategicamente essenziale. Si tratta di creare nuovi oggetti filosofici che esplorando generi di scrittura diversi abbiano la forza di circolare nello spazio pubblico.

Nell’Italia degli ultimi decenni stiamo assistendo alla crisi di credibilità del sistema universitario e contemporaneamente al boom di festival e rassegne (di letteratura, economia filosofia etc.) che portano intellettuali a riempire piazze ed auditorium. Se da un lato questo fenomeno appare come una democratizzazione del sapere, dall’altro rischia di portare all’abbandono di quella concezione dello studio come “mestiere, e molto faticoso” come lo definiva Gramsci. Lei come giudica questa situazione?
Molto semplicemente dicendo che le due cose non si escludono. E che di norma ad andare a parlare nelle piazze sono colore che hanno faticato sui libri e hanno avuto un pubblico riconoscimento del proprio lavoro intellettuale. Lo studio faticoso non basta; occorre, per citare Gramsci, “socializzare delle verità”. Tuttavia, affinché il tutto funzioni, occorre che lo Stato continui a finanziare l’Università e la ricerca. Il pericolo non sono le piazze o i festival sono le politiche che tagliano i fondi all’Università e, al contempo, un’Università incapace di rinnovarsi.

martedì 25 maggio 2010

David Lane: restare per lottare, lottare per restare

Intervista con il giornalista dell'Economist ospite della Libreria Laterza

da barilive.it 24/05/10 - http://www.barilive.it/news/news.aspx?idnews=17406

David Lane è da trent’anni corrispondente dall’Italia per L’Economist, diventando col tempo un raffinato osservatore del nostro paese. Suo è l’articolo del 2001 cui il settimanale londinese dedicò la copertina col titolo “Perché Berlusconi è inadatto a guidare l’Italia” e che suscitò vasta eco. Per la Laterza ha recentemente pubblicato “Terre profanate. Viaggio al cuore della mafia”, un taccuino di viaggio nel Mezzogiorno d’Italia che ne racconta la presenza mafiosa ed i tentativi di resistenza. Stasera sarà a Bari per discutere del suo libro presso la libreria Laterza. Ci ha rilasciato un’intervista.

1) Lei ha deciso di raccontare la presenza della mafia in Italia attraverso un viaggio nel Mezzogiorno che parte da Gela e finisce a Roma. Perché questa scelta proprio oggi che si parla sempre più delle infiltrazioni mafiose nel centro e nel nord Italia?

Nel ‘700 e nell’800 gli inglesi e altri stranieri facevano il "grand tour", viaggiando nel Mezzogiorno d'Italia e scrivevano i loro racconti dopo i loro rientri in patria. Il Mezzogiorno ha avuto sempre un fascino, oggi come ieri. Anche se il mio libro ha la mafia come filo costante, e la mafia è al centro dell'attenzione, è molto più di un libro sulla mafia. È un libro sul Mezzogiorno, con tutti i suoi contrasti e problemi, di cui la mafia mi sembra uno dei principali. E per la verità, anche se il libro finisce a Roma, il mio viaggio nel Mezzogiorno finisce a Teano dove 150 anni fa Garibaldi ha incontrato il re piemontese e consegnato il regno borbonico a casa Savoia.

2) Il Governo, in materia di lotta alla criminalità organizzata, si sta caratterizzando da un lato con le politiche di Maroni (elogiate da intellettuali lontani dal centro-destra come Isahia Sales e Saviano) e dall’altro con provvedimenti come la messa all’asta dei beni confiscati, le restrizioni sulle intercettazioni, il caso Fondi. Lei come interpreta complessivamente questi interventi?

Abbiamo letto le preoccupazioni di esperti su queste misure e gli effetti negativi che avranno sulla lotta contro la mafia - solo oggi (il 21/5/10, ndr) i giornali riportano le parole dei PM Ingroia e Di Matteo, ma altri magistrati hanno anche detto che le misure proposte non aiuteranno a battere la criminalità organizzata. Mi sembra che invece di indicare un rafforzamento di impegno contro la mafia queste misure indicano il contrario. Inoltre vale la pena osservare che le risorse data in questa battaglia per la legalità nel Sud non sembrano comunque sufficienti.

3) Mantenendo ferma una condanna per le sottovalutazioni della questione, ritiene del tutto sbagliata la percezione della società civile pugliese di confrontarsi con una criminalità organizzata più debole rispetto a quelle presenti in altre parti del Mezzogiorno?

Certamente la mafia pugliese è stata meno in vista di Cosa Nostra, della 'Ndrangheta e della Camorra - ci sono motivi storici, organizzativi e sociali - e questo fatto potrebbe indurre la società civile a pensare che non rappresenta una grande minaccia all'economia, alla politica e alla vita civile della regione.

4) Quanto pesa nella lotta alla criminalità organizzata l’assenza di un dibattito politico di lungo respiro, capace di pensare al domani e ad una società più inclusiva, con più opportunità per tutti?
La mafia è un argomento che infastidisce certi settori della politica che preferirebbero il silenzio invece del dibattito. Va detto anche che c'è una parte della società civile meridionale che non vuole parlarne, ma per paura, perche parlare della mafia porta dei rischi. Direi che una grande opportunità di sconfiggere la mafia è stata persa nel periodo dopo le strage di Palermo e l'esplosione di tangentopoli nel 1992. Ma senza la sconfitta della mafia, il Mezzogiorno continuerà a soffrire una mancanza di investimento, di posti di lavoro ed una emigrazione dei giovani che vedono un futuro senza speranza nelle proprie terre.

5) Qual è l’esperienza di antimafia sociale che ha incontrato in questo viaggio che più l’ha stupita?

Mi ha fatto un grande piacere visitare diverse cooperative di giovani che lavorano terre confiscate dalla mafia, sia in Sicilia che in Calabria, nonostante le tante difficoltà e rischi che questo impegno comporta. Purtroppo a loro non vengono dati i giusti appoggi. Dicono loro: "lottare per rimanere, rimanere per lottare". Meritano di più dalle autorità.

martedì 11 maggio 2010

La mobilitazione degli studenti che restituisce dignità alla politica

Dalle facoltà occupate escono proposte e temi di dibattito. L'opinione pubblica é disposta a coglierli?

da barilive.it 11/5/10 - http://www.barilive.it/news/news.aspx?idnews=17244

Per una deformazione del dibattito pubblico ed un impoverimento del nostro vocabolario riconosciamo legittimo l’uso della parola “politica” solo quando descrive un fenomeno in cui è coinvolto un pezzo di ceto politico. L’impoverimento che la politica ha conosciuto negli ultimi decenni è anche frutto di questa confusione che ci ha impedito di riconoscere in ciò che avveniva fuori dal palazzo dei fenomeni “politici”, riguardanti cioè la definizione e la rimodulazione continua delle forme di convivenza in una comunità.

Sotto gli occhi di tutti a Bari sta accendendo un fenomeno di questo tipo, accompagnato dal silenzio della stampa: di fronte ad un previsto aumento delle tasse universitarie come soluzione agli sprechi delle autorità accademiche ed ai tagli del governo, gli studenti di Scienze politiche ormai quasi quindici giorni fa hanno occupato la loro Facoltà, seguiti a breve distanza dai loro colleghi di Matematica. Di richieste di generiche diminuzioni delle tasse ne abbiamo già sentito parlare, gli studenti però fanno ben altro: propongono una forma di tassazione progressiva che permetta di aumentare il gettito diminuendo le tasse per le fasce deboli, quelle degli studenti che non potendo accedere ad una formazione post-laurea di qualità, sarebbero i più immediatamente penalizzati da un impoverimento dell’offerta didattica dell’Università, loro unica fonte di formazione e, quindi, di occupazione. A fianco di queste rivendicazioni economico-fiscali, aggiungono l’assunzione di responsabilità di parte delle autorità accademiche attraverso le dimissioni dagli incarichi che ricoprono e l’inasprimento dell’applicazione del codice etico nei confronti delle parentopoli e delle inadempienze del corpo docente.

Questa mobilitazione, leggendo tra le righe, usa parole e propone una visione della convivenza civile che chiama i causa anche chi è fuori dalle mura delle facoltà. Enuncia infatti due principi in maniera inequivocabile: in un contesto di dissesto economico, chi ricopre ruoli di responsabilità e di governo della barca che affonda non può non pagarne le conseguenze, ancor più se si è reso responsabile di scelte discutibili. Inoltre risistemata la barca, è necessario ridiscuterne le modalità di governo;
Inoltre in una comunità che si ritrova a vivere una situazione di crisi, i sacrifici non vanno chiesti a chi versa già in condizioni di difficoltà e quindi è più vulnerabile e ricattabile, ma a chi sta meglio e forse dal dissesto non verrà neanche sfiorato.
Sono proposte attuali e che riguardano tutti perché contengono un’idea di governo e di uscita dalle crisi in controtendenza con le scelte operate dai governi europei con la crisi economica. Un’eventuale vittoria degli studenti in mobilitazione non sarebbe una vittoria corporativa, ma una vittoria politica: la riaffermazione di alcuni principi di civiltà che ci siamo abituati a veder calpestati, per i quali invece vale la pena lottare. Per questo non si può non guardare a ciò che sta accadendo dentro quelle facoltà con speranza.