venerdì 15 luglio 2011

PRECARIO SARÀ LEI! - In morte di Enzo Del Re, poeta inattuale


Leggendo oggi i testi di Enzo Del Re si ha la sensazione che a scriverli sia stato un marziano, qualcuno che non appartiene alla specie umana per come oggi la conosciamo. Nei nostri tempi così cinici ed ostili ai sogni di emancipazione non è difficile immaginare quali riscontri otterrebbero i suoi testi se non fossero confinati in un museo archeologico di un tempo che fu.

Al suo “Lavorare con lentezza senza fare alcuno sforzo / chi è veloce si fa male e finisce in ospedale / in ospedale non c'è posto e si può morire presto” Tremonti risponderebbe che la globalizzazione ci impone di rivedere le normative sulla sicurezza sul lavoro, ascoltando “pausa pausa ritmo lento, pausa pausa ritmo lento / sempre fuori dal motore, vivere a rallentatore” Marchionne direbbe sprezzante che queste cose succedono solo in Italia e che è colpa della Fiom. E che dire di “Tengo na voglia / na voglia e fa... niente! / Comm'o sole dint'a capa,/ m'è trasuta a pensata / e s'incontro pa' via, / chi ha inventato a fatica / io, ti giuro, l'accido”? Già immagino Borghezio dire che si tratta del solito terrone sfaticato che vive sulle spalle di un Nord che produce. Oppure di “Chi m'ha mis'in catena, / passa a vita in vacanza, / io fatico e fatico / e passo pure da stronzo: / vaffanculo alla fatica / e a chi la vuole”? Probabilmente ascoltandolo interverrebbe qualche dirigente del centro-sinistra sostenendo che è finito il tempo dell'invidia sociale e che oggi è d'obbligo essere post-ideologici.

Erano tempi strani quelli in cui Del Re scriveva questi testi e li cantava accompagnato solo dal battito di nocche e polpastrelli su una sedia di legno. Tempi in cui addirittura ci si domandava perché si dovesse vivere un'intera vita a lavorare per permettere a qualcuno di stare sempre in vacanza, in cui si lottava affinché fossero i desideri a guidare le vite e non ci si accontentasse della sopravvivenza, di un lavoro purchessia. Come lui diceva ironicamente in un'altra celebre canzone “La Repubblica è fondata sul lavoro / viva il lavoro / non importa quale / non importa dove / non importa come / con chi, e perché”.

Cantava in quello che è stato l'ultimo vagito di voglia di libertà in una civiltà industriale che di lì a poco sarebbe cambiata completamente mettendo la classe operaia nell'angolo, sciogliendone ogni vincolo solidaristico, umiliandola con le marce dei quarantamila, le chiusure delle miniere ed una ristrutturazione dei cicli produttivi che necessitava di sempre meno manodopera. Sul campo sarebbe rimasto il singolo a rincorrere un'emancipazione solitaria nel nome del mito dell'imprenditore di se stesso. Purtroppo le parole profetiche del cantautore di Mola non sono state quelle con cui sognava un mondo diverso ma quelle di una canzone del '74 che sembra un affresco perfetto dei nostri giorni: “C'è troppa gente in giro / che è malata in testa / perchè dentro la testa / nutre quel verme che si chiama "Io". / Prima di tutti "Io" / innanzitutto / soltanto "Io" / il superuomo e niente più. / C'è troppa gente in giro / che non sorride mai / perchè se ti sorride / perde l'autorità. / C'è troppa gente in giro / che sfrutta in ogni modo / e la sopraffazione / la chiama libertà”.

Addio Enzo, ci mancherai!


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da LINKREDULO di MERCOLEDÌ 08 GIUGNO 2011 - http://www.linkredulo.it/opinioni/2135-precario-sara-lei-in-morte-di-enzo-del-re-poeta-inattuale.html


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