mercoledì 11 maggio 2011

PRECARIO SARA' LEI! - Gli applausi di Bergamo sono un programma politico

Quando ho letto degli applausi ricevuti da Harald Espenhahn, amministratore delegato della ThyssenKrupp, al meeting di Confindustria tenutosi a Bergamo ho pensato di titolare la rubrica di questa settimana con una citazione dotta: “Hanno la faccia come il culo”, riprendendo una celeberrima copertina di Cuore di qualche anno fa.

Espenhan è stato recentemente condannato a 16 anni per omicidio volontario per l'incendio divampato nello stabilimento torinese della ThyssenKrupp del 6 dicembre 2007, quando persero la vita sette operai. Il tribunale ha ritenuto l'amministratore delegato consapevole e quindi colpevole dell'insicurezza delle linea su cui è scoppiato l'incendio.

Alla rabbia che cresceva istante dopo istante immaginando questa platea di manager che, privi di ogni senso del pudore, applaudivano le loro brame di denaro, è subentrata la consapevolezza di dover riflettere sull'accaduto.

La storia della ThyssenKrupp è la classica storia di un

colosso industriale nell'età globale. Inizia nel 1999 con una fusione tra la Thyssen Stahl AG e la Krupp Stahl AG: attraverso le fusioni più o meno forzate le corporations consolidano monopoli evitando la concorrenza che li costringerebbe a dover far ricorso alla ricerca scientifica, a prodotti innovativi e prezzi convenienti. Nello stabilimento di Torino, prossimo alla chiusura per trasferimento (altra prassi della governance aziendale nell'età globale) il 6 dicembre 2007, sulla linea 5 alcuni operai lavorano ininterrottamente da 12 ore (4 di straordinario), rimediando in proprio ai salari bassi frutto dell'impoverimento progressivo del reddito da lavoro che abbiamo conosciuto nell'ultimo trentennio. Le misure di sicurezza sono completamente ignorate, cosa che avverrebbe difficilmente in fabbrica se il sindacato fosse forte. Purtroppo però non siamo negli anni '60-'70, siamo nel 2007 e per una serie di fenomeni tra loro connessi (su tutti: diminuzione della domanda di lavoro in conseguenza delle innovazioni sul ciclo produttivo, enorme disponibilità di esercito di lavoro di riserva e finanziarizzazione del capitalismo industriale) il sindacato ha molto meno potere, molti meno iscritti e quindi molta meno voce. La normativa sulla sicurezza sul lavoro può così essere tranquillamente ignorata, ai lavoratori si possono assegnare turni che definire schiavistici non è un'esagerazione (ricordo che era il 1864 quando gli operai inglesi vinsero la battaglia per ottenere turni giornalieri di 10 ore!) essendo pressoché certi di farla franca. Per il capitale,d'altronde, farla franca accrescendo i profitti è la regola nei nostri tempi balordi.
Uno di loro però è incappato in uno di quei vecchi arnesi del diritto del lavoro cui non sono ancora riusciti a far fare la fine della contrattazione collettiva o a rendere inefficaci come l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, il diritto di sciopero, le ferie ed i giorni di malattia retribuiti etc: la marcia trionfale cui si erano abituati da qualche decennio si è fermata bruscamente in qualche oggetto polveroso di cui non si danno pace.

Quegli applausi, lungi dall'essere uno sfogo di gioventù, sono un vero e proprio programma politico. Le conquiste passate, per chi non fosse ancora riuscito a capirlo nei decenni passati, sono revocabili in qualunque momento, non appena l'equilibrio delle forze in campo muta. E le forze in campo sono radicalmente mutate dagli anni '80 in poi a sfavore del lavoro. Le tutele ed i diritti conquistati in Italia con il sacrificio e la lotta del più grande movimento operaio d'Occidente sono state erose negli anni passati dalle politiche un centro-destra riunito attorno alla leadership forte di Berlusconi (perfetto eroe eponimo, in versione kitch, dell'epopea neo-liberista) e da un centro-sinistra che, non unico in Occidente, non ha compreso per tempo quanto epocale fosse la sconfitta inflittagli non dal crollo del muro di Berlino, ma dall'egemonia reganian-tatcheriana in voga dall'inizio degli anni '80. I 'faccia-come-il-culo' di Bergamo hanno sia sostenuto gli uni che legittimato gli altri. Oggi, che la crisi economico-finanziaria ha rimescolato le carte a sinistra e la leadership berlusconiana nel centro-destra è appannata e statica, si guardano attorno, alla ricerca di qualcuno che possa offrirgli garanzie e farsi interprete della loro epopea, svecchiandola e lanciandola verso nuove sfide.

Di quell'applauso dobbiamo ringraziarli: ce ne ricorderemo e glielo ricorderemo ogni qualvolta verranno a dirci di abbassare i toni, di 'non essere ideologici', che 'con la globalizzazione è finita la lotta di classe' (cit. Tremonti), che 'il conflitto sociale è vecchio è brutto', che 'reclamare diritti per i più poveri significa essere animati da invidia sociale' e che 'per vincere bisogna sfondare al centro', 'conquistare i moderati', 'dialogare con il mondo produttivo'.

A pensarci bene sono d'accordo con loro: al diavolo le ipocrisie. Che la lotta continui!


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da LINKREDULO di MERCOLEDÌ 11 MAGGIO 2011 - http://www.linkredulo.it/opinioni/2056-precario-sara-lei-gli-applausi-di-bergamo-sono-un-programma-politico.html

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