sabato 6 marzo 2010

Se a parlare di Shoa è la poesia

"Farfalle di spine" si aggiunge al già popolatissimo scaffale dedciato al genocidio degli Ebrei

da barilive.it 21/01/10 - http://www.barilive.it/news/news.aspx?idnews=16048


Era il Luglio del 2000 quando il Parlamento italiano, per ricordare le vittime dell'Olocausto e dei totalitarismi nazi-fascisti, votò a favore dell'istituzione della Giornata della Memoria il 27 Gennaio di ogni anno, celebrando in questo modo la data in cui nel 1945 furono aperti i cancelli di Auschwitz dalle truppe dell'esercito sovietico. A distanza di oltre 50 anni da quella tragica scoperta si intendeva con questa iniziativa rafforzare la memoria condivisa di quanto accaduto contemporaneamente al venir meno della quasi totalità dei testimoni diretti.

Da allora il 27 Gennaio chi si celebra nelle scuole, nelle associazioni ed in ogni ambito della vita pubblica il dramma della Shoa, trovandocisi a dover fare i conti con la necessità di custodirne e tramandarne la memoria e contemporaneamente quella di sottrarne il racconto alla banalizzazione di una ritualità istituzionalizzata.

Un contributo in questa direzione proviene quest'anno da un'antologia di testi poetici di testimoni diretti ed indiretti dell'Olocausto, presentata nel Salone degli Affreschi dell' Università degli Studi di Bari ed intitolata “Farfalle di spine. Poesie sulla Shoa”. Si tratta di un volume curato da Valeria Traversi ed edito dall'editore barese Palomar di Alternative, contenente testi di Levi, Auslander, Bruck, Celan, Weiss, Brecht, Pasolini ed altri testimoni e poeti.

Nella radice del volume vi è l'idea che l'arte abbia il pregio di restituire verità e umanità agli eventi narrati, sottraendoli a qualunque forma di banalizzazione. A sottolinearlo è stata proprio l'autrice che, nella presentazione, ha parlato dell'utilità della poesia come custode di una memoria che non si limiti ad enumerare il cumulo delle vittime, ma che invece si proponga di "creare un'identificazione umana", che ci ricordi che il dramma dei campi di concentramento e della soluzione finale ci riguardano in quanto siamo esseri umani.

Più volte proposta dall'autrice e condivisa da Pasquale Voza e Giuseppe Farese (che con lei hanno interloquito) è stata l'idea che l'Olocausto non debba essere uno strumento dell'arte, quasi una sua musa ispiratrice, ma che sia l'arte stessa a dover diventare strumento di memoria rivolgendosi al futuro. Forse è proprio questo lo spirito col quale dovremmo apprestarci a vivere l'imminente Giornata della Memoria: non la celebrazione di una dolorosa reliquia del passato, ma un'occasione per riflettere, forti della sua conoscenza e della sua consapevolezza, sul presente che stiamo vivendo e sul futuro che stiamo costruendo.

La presentazione si è conclusa con la lettura di alcuni brani poetici antologizzati curata dall'attrice Ermelinda Nasuto del Teatro “Le Forche” e dall'esecuzione di brani musicali composti nei campi di concentramento ad opera del Maestro violinista Luigi Zonni.

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