martedì 22 giugno 2010

Governo Berlusconi, ovvero niente di nuovo malgrado le apparenze

da barilive.it 22/06/10 - http://www.barilive.it/news/news.aspx?idnews=17675

I telegiornali ed i giornali nazionali hanno nei giorni scorsi dato la notizia della nomina di Aldo Brancher a Ministro per l’Attuazione del Federalismo. Oltre all’inevitabile sospetto che questa risponda più ad una necessità mediatica che ad una logica politica (essendo contemporanea alla manovra Tremonti che, a detta del governatore lombardo Formigoni, accantona il Federalismo), occorre riflettere su quest’ennesima nomina all’interno del governo Berlusconi IV, ripercorrendo la storia di quest’ultimo. Era il maggio del 2008, Berlusconi aveva vinto le elezioni a conclusione di una breve campagna elettorale in cui uno dei leit motiv era stato l’impopolarità del governo Prodi e la sua sovra-composizione. Per tenere assieme una coalizione rissosa e molto eterogenea Prodi aveva dovuto infatti nominare un governo che contava 102 presenze tra ministri, viceministri e sottosegretari. Questo, insieme alla litigiosità ed a molte scelte discutibili, aveva contribuito a renderlo impopolare in quegli anni in cui il tema del costo della politica e dei privilegi della casta divampò con il libro di Rizzo e Stella e con il fenomeno Grillo a cui le televisioni berlusconiane davano ampio spazio. Berlusconi capitalizzò quel malcontento presentandosi per l’ennesima volta come uomo del fare, lontano delle litanie della politica e dai suoi organismi pletorici, capace, con la sua cultura d’impresa, di imporre scelte rapide, efficaci e votate al risparmio (a differenza dei professionisti della politica, presentati come dei fannulloni capaci di campare solo a carico dell’erario). All’indomani delle elezioni infatti salì al Colle e presentò (fatto quasi inedito) la compagine di governo all’uscita da quell’incontro. Era composta da 21 ministri e 39 sottosegretari: l’uomo del fare era riuscito nel miracolo di tagliare costi e tempi della politica, quello che l’opinione pubblica chiedeva. È un fenomeno tutt’altro che nuovo: un certo Antonio Gramsci circa 70 anni prima aveva parlato del sovversivismo sporadico del popolo italiano, incapace di trasformarsi in azione politica e delle classi dirigenti che riescono, accogliendone talune istanze, a conservare il potere. Era la cosiddetta “rivoluzione passiva”.

Da quel 7 maggio quando Berlusconi si è presentato da Napolitano un po’ di cose sono però cambiate. Sono stati nominati 5 nuovi sottosegretari: Bertolaso, Ravetto, Augello, Viceconte e Santanchè (la cui nomina è stata preceduta da una martellante presenza nelle trasmissioni Mediaset); quattro sottosegretari sono diventati vice-ministri: Vegas, Castelli, Urso e Romani (questi ultimi due nello stesso ministero); due sottosegretari sono stati promossi ministri: Brambilla e Brancher; al ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali è invece accaduto che il sottosegretario Fazio sia stato prima promosso Vice-ministro (maggio 2009) e poi, in seguito allo scorporamento del ministero, Ministro della Salute (dicembre 2009).
Di fronte a questo moltiplicarsi al rallentatore degli incarichi occorre chiedersi se siamo di fronte ad un governo incapace di dotarsi delle strutture e delle figure capaci di guidare un paese o ad uno che invece gioca con ministeri e nomine ad un gioco da tavola il cui obiettivo è quello di presentarsi alla pubblica opinione come il nuovo che avanza continuando invece ad operare con spartizioni e lottizzazioni. Propendendo per la seconda ipotesi è facile immaginare che qualcuno si sia fatto garante nel 2008 del fatto che le nomine sarebbero preso arrivate non appena le acque si sarebbero calmate, l’opinione pubblica distratta e la faccia messa in salvo. Anche questo fenomeno è tutt’altro che una novità: appartiene alla peggiore storia italiana, si chiama gattopadirsmo ed è perfettamente riassunto nella celebre espressione di Tomasi di Lampedusa “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.