lunedì 12 marzo 2012

Rassegna settimanale n.2 (5/3/12 - 11/3/12)




Ecco il secondo appuntamento della rassegna settimanale, parziale ed incompleta, di alcune cose interessanti comparse sul web, del racconto di alcuni fatti di attualità, inchieste, analisi e contributi.



giovedì 8 marzo 2012

L'emancipazione strozzata tra centro e periferia


Le recenti elezioni in Russia ed in Iran pur avvenendo in contesti geopolitici profondamente diversi hanno manifestato un dato comune: la differenza del voto tra centro e periferia.

In Iran le forze riformiste erano state tagliate fuori dalla competizione elettorale, i loro leader sono in carcere ed a sfidarsi erano i conservatori tradizionalisti guidati da Ali Khamenei ed i fondamentalisti fedeli al presidente Ahmadinejad. La sfida era quindi tutta incentrata sull'affluenza al voto: una scarsa affluenza avrebbe indicato la sfiducia dell'opinione pubblica nei confronti dei due contendenti ed una vicinanza ai riformisti esclusi. Si è recato alle urne il 64,2% degli aventi diritto, un risultato ben al di là delle previsioni che ha legittimato la competizione elettorale sancendo la marginalizzazione dei riformisti. Il risultato è stato omogeneo in tutto il territorio nazionale eccezion fatta per Teheran (dove l'affluenza si è fermata al 48%) ed ai territori circostanti (dove è arrivata al 52%).

In Russia alle elezioni partecipavano quasi tutte le forze politiche nazionali (esclusa solo una lista), ma la consultazione aveva il sapore del plebiscito a favore di Vladimir Putin. Per vincere al primo turno era sufficiente il 50% dei voti ma Putin è arrivato al 64,3%. Discorso a parte meriterebbero le accuse di brogli elettorali e le manifestazioni di protesta che le liste sconfitte hanno fatto partire subito dopo l'ufficializzazione dei risultati (arrivando con il leader comunista Zuganov a non riconoscere il risultato). Qui vogliamo però soffermarci sul fatto che a Mosca Putin ha ottenuto il 47,2% dei voti, non raggiungendo così l'agognato 50%.

Questo fenomeno l'avevamo fino a qualche tempo fa conosciuto soprattutto in Occidente. Alle elezioni americane che assegnarono il secondo mandato a G. W. Bush fu decisiva la “pancia dell'America”, quella degli stati dell'entroterra, che votò compattamente per i repubblicani. Questo fenomeno lo conosciamo anche in Italia: nella prima repubblica il Sud Italia, soprattutto in provincia, votò dapprima a favore della monarchia nel referendum del '48, poi continuò a regalare lusinghieri risultati all'Msi e a assegnare ampie maggioranze alla Dc. Nella seconda repubblica tale fenomeno si è addirittura ampliato: i sindaci delle grandi città hanno in più fasi incarnato grandi momenti di (quantomeno creduta) emancipazione collettiva, segnando inversioni di tendenza e suscitando speranze in tutta la nazione. A metà degli anni '90 questo fenomeno divenne così significativo da far parlare di “partito dei sindaci”. Il fenomeno della Lega nord è anche spiegabile con questa chiave di lettura: il grosso del suo bacino elettorale è in provincia. Non è un caso che nel recente 2010 alle elezioni regionali venete stravinse Luca Zaia (con più del 60% dei voti) mentre alle comunali a Venezia vinse al primo turno il candidato di centro-sinistra Orsoni.

David Harvey nell'analizzare i successi elettorali delle destre tra i ceti popolari in Occidente ha messo in evidenza il fatto che queste sostenevano politiche neoliberiste che accrescevano la povertà e ridimensionavano lo stato sociale. Avveniva quindi che la parte di società maggiormente colpita da queste politiche sosteneva la vittoria delle coalizioni che le praticavano, votando cioè contro i propri interessi materiali. Harvey spiega questa apparente contraddizione con la circostanza che queste destre hanno saputo miscelare a questa politica economica il tradizionalismo religioso e politiche securitarie volte ad esorcizzare le paure figlie della globalizzazione (immigrazione, esclusione sociale ed aumento della criminalità etc.).

Nel corso dell'ultimo anno abbiamo assistito all'estendersi di questo fenomeno anche alla Tunisia ed all'Egitto. Fino a prima della primavera araba eravamo abituati a pensare a quelle società come a dei monoliti arretrati e cementificati dall'integralismo islamico. I movimenti che hanno portato alla cacciata di Ben Alì e Mubarak ci hanno mostrato delle società giovani e inquiete. Tali movimenti hanno avuto però una forte connotazione urbana, sviluppandosi nei grandi centri se non addirittura, come nel caso egiziano, arrivando a prendere il nome da una piazza centrale della capitale. Alle elezioni che si sono svolte successivamente però hanno prevalso le liste islamiche (Ennada in Tunisia ed i Fratelli musulmani in Egitto), le uniche presenti capillarmente in tutto il paese.

Il discorso di Harvey può in parte essere esteso a Tunisia, Egitto, Iran e Russia? Ritengo di si, se si aggiungono alcuni elementi al mix che permette alle forze integraliste e/o conservatrici di vincere: prima di tutto nuove ondate di nazionalismo e il legittimo risentimento nei confronti dell'Occidente prima colonialista poi alleato dei dittatori.

Visto questo contesto chi ha a cuore l'emancipazione dei popoli e la lotta alle disuguaglianze può guardare con soddisfazione al fatto che queste istanze prevalgono nei grandi centri, laddove c'è una ricca vita culturale, un tessuto associativo vivace, un mercato del lavoro recettivo? Ritengo di no. Nelle periferie vi sono i candidati naturali a diventare (laddove non lo siano già diventati) le vittime della globalizzazione e delle politiche neoliberiste. Qualunque movimento di emancipazione collettiva deve porsi il problema di coinvolgerli, abbandonando ogni moralismo pronto a condannare il loro consegnarsi a sentimenti razzisti e a ondate integraliste, ogni snobismo pronto a celebrare l'avanguardia dei movimenti metropolitani che proclamano la propria autosufficenza per poi scontrarsi con l'incapacità di radicarsi laddove le contraddizioni che denunciano provocano più sofferenza.


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lunedì 5 marzo 2012

Rassegna settimanale n.1 (27/2/12 - 4/3/12)




Inauguro questa settimana un appuntamento fisso. Ogni Lunedì pubblicherò una rassegna molto parziale di articoli, interviste, inchieste, editoriali, posts, video e quant'altro è apparso sulla rete riguardo fatti più o meno attuali. L'elenco non vuole in alcuna maniera essere esaustivo. Solo per questa settimana pubblico anche alcuni links ad articoli apparsi in giorni precedenti al periodo indicato nel titolo in maniera da creare una continuità nel racconto di alcuni fatti che altrimenti sembrerebbero spuntare dal nulla.


INCHIESTA DE “IL FATTO QUOTIDIANO” SULLE DELOCALIZZAZIONI DELLE AZIENDE ITALIANE ALL'ESTERO:

SULLO STESSO GIORNALE PRECEDENTEMENTE:




SULLA GRECIA E IL SUO (POSSIBILE) DEFAULT:




SUL MAXI-PRESTITO DELLA BCE E LA SITUAZIONE ITALIANA:



SULLE ELEZIONI IN IRAN ED IN RUSSIA:




SULLA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO, L'OCCUPAZIONE ED I SALARI:




LA MORTE DI LUCIO DALLA:




UN'ANALISI SULLA TAV, I RISULTATI DEL MOVIMENTO NO TAV E LA SUA LETTURA DEL CAPITALISMO:




SU GRAMSCI, TURATI E SAVIANO:



ALTRO (SU BORGHESIA E CAPITALISMO, DEMOCRAZIA IN FABBRICA E IN ITALIA, DEMOCRAZIA E CAPITALISMO, DESTRA E SINISTRA, COMUNISMO):