martedì 15 luglio 2008

1010, 1100, 2000 editoriali di Furio Colombo

Tutti coloro che si sono seriamente interessati alla manifestazione di Piazza Navona non hanno potuto ignorare l'intervento di un signore brizzolato sessantasettenne che prendeva le distanze dal lessico scurrile usato prima di lui e dagli attacchi al presidente della Repubblica. Si tratta di Furio Colombo, deputato Pd, già direttore ri-fondatore de l'Unità. Con le sue parole ci ha ricordato che la politica è una cosa seria e che la partecipazione civile, anche quando avviene libera dai filtri dei partiti e della loro burocrazia, non può e non deve essere qualcosa di esclusivamente emotivo e viscerale.
Avevo all'incirca 16 anni quando rinasceva l'Unità e da qualche anno mi interessavo alla politica essendo iscritto alla Sinistra giovanile (i giovani dei Ds). Guardai a quell'evento con estrema curiosità, visto che si riapriva un giornale vicino al mio partito: il manifesto era tutt'altro che tenero con il centro-sinistra appena reduce dai 5 anni di governo e la repubblica era qualcosa di diverso, che allora, da adolescente di sinistra, vedevo da lontano. Non conoscevo Furio Colombo e non fu subito sintonia con lui, appunto perché nei suoi editoriali difficilmente ci trovi qualcosa che ti aspetti, che esalta esclusivamente la tua indignazione civile senza spiazzarti e indurti a riflettere.
Sono passati gli anni ed ho imparato ad apprezzare sempre più quel signore brizzolato, sia per la sua attività politica, sia per le posizioni intellettuali, sia per lo stile personale che testimonia (uno stile che oserei definire prodiano o donadoniano). Col passare degli anni infatti non ha mai fatto mancare la sua adesione e partecipazione all'Ulivo prima, all'Unione poi ed al Pd infine, senza mai rivendicare protagonismi o poltrone in nome di orientamenti, posizioni etc. Ha sempre avuto come suo unico referente politico la sua visione del paese e della sinistra, visione davvero ampia, sempre al passo con nuove sfide e prospettive.
E' davvero difficile ricordare strappi o rotture da lui perpetrati eppure è da molti considerato una voce critica del Pd ed un anti-berlusconiano di ferro. In un periodo di transizione culturale della sinistra italiana è riuscito attraverso l'Unità e la sua attività parlamentare a ritagliare organicità politica e culturale alla lotta contro il berlusconismo, collocandola tra le urgenze della sinistra, da lui mai trascurate (i morti sul lavoro, la questione ambientale, la laicità dello stato, l'antifascismo). Simbolo di questa capacità sono la collaborazione con Marco Travaglio (liberale e allievo di Indro Montanelli) e la notizia della prematura morte di Tom Benettollo (storico presidente dell'Arci), ignorata da tutti i quotidiani italiani tranne che dalla sua l'Unità. Probabilmente l'aver lavorato proprio presso il quotidiano fondato da Antonio Gramsci l'hai aiutato in questo. Sicuramente se avesse tentato di far ciò attraverso correnti interne, provocazioni ed ultimatum ne avrebbe giovato il suo ego, forse il suo portafoglio, ma sicuramente non sarebbe mai riuscito a costruire tutto ciò.
Gli anni di soggiorno e di lavoro negli Stati Uniti d'America gli hanno permesso di elaborare un'idea nuova di sinistra che sposa le istanze del socialismo del vecchio continente alle più grandi esperienze di democrazia e partecipazione degli States. Il suo ultimo editoriale si apre proprio con un elogio del veterano Ted Kennedy (77 anni), rientrato da un intervento per tumore al cervello in Senato per votare contro la privatizzazione delle cure mediche per anziani. Dal suo arrivo a l'Unità è sempre stato un promotore dell'avvicinamento tra la sinistra ed i radicali riconoscendo la ricchezza delle battaglie combattute da questi in campo nazionale ed internazionale, nonostante si siano sempre collocati al di fuori della sinistra classica.
Riguardo il suo modo di operare ho già detto del suo battersi dentro il recinto, tenacemente ma con discrezione, senza indebolire la sua parte politica. Ci è riuscito proprio perché è rifuggito da rendite di posizione, rivendicazioni personali e correntismi. Ha portato silenziosamente il suo contributo dimostrando che "in maniera silenziosa" non è sinonimo di "in maniera servile". Oserei dire che rappresenta una delle grandi eccezioni all'interno della sinistra italiana: non divide mai, ma allo stesso tempo non arretra mai. Domenica 13 Luglio 2008 ha pubblicato il suo millesimo editoriale, ancora una volta analizzando la situazione italiana in maniera assolutamente disincantata. Grazie Furio.

5 commenti:

sergio ha detto...

parto un po' ot: alfredo, ma hai deciso di farci aumentare la miopia? la dimensione dei caratteri diminuisce drammaticamente sempre di più...
per il resto, ogni tentativo di ricompattare la sinistra, non il centro-sinistra o il centro del centro-sinistra e così via, è sempre una cosa positiva. ma quest'operazione di rappresentanza politica e partitica deve essere secondo me parallela a un'altra, quella della definizione chiara ed evidente del soggetto/referente della sinistra. una volta era facile, la classe operaia c'era, lavorava e rivendicava, e questo anche a prescindere dai sindacati e dal pc.
la mia generazione, quella degli attuali trentenni per intenderci, è stata cresciuta e bombardata dalla retorica della precarizzazione, quella, intendiamoci, dell’americanizzazione del lavoro, della bellezza della flessibilità ecc. ecc. e questo non (solo) veniva prodotto e sponsorizzato dalle elites al potere ma, questione gigantesca, dalla sinistra, dalle ceneri di un pc imploso fra le lacrime di occhetto. perché? è stata semplice miopia infantile di politici finalmente liberi di parlare – le nuove e fresche generazioni diessine – oppure è stato il rialliniamento e la sterilizzazione dell’antagonismo delle politiche della sinistra? spaccare e rendere apatico, a causa dell’impossibilità della sua identificazione, il mondo operaio era possibile e, a quanto mi riesce di capire, è stato fatto. in questo incrocio storico, ma anche grazie e per mezzo di esso, emerge berlusconi, voce e vessillo di tutta una classe alto borghese finanziaria che cerca di spodestare quella al potere da decenni, ovvero il capitalismo industriale pieno di coperture internazionali e del quale gli agnelli incarnavano il volto presentabile.
e il trattamento di berlusconi da parte della (post)sinistra? perché legittimarlo per poi demonizzarlo? la classe politica di sinistra viveva una scissione fra non il parlargli neache, come voleva la sua base, o il mettersi al tavolo con lui come i dirigenti bramavano e, alla fine, è proprio questo quello che si fece (l’es. della bicamerale su tutti). sappiamo tutti come sono andate a finire le cose. tutto questo per cercare di vedere fino a che punto il berlusconismo è (anche) espressione diretta dei rappresentanti di una sinistra che non sa neanch’essa quale sia la sua base e che proprio per questo oggi galleggia senza senso. so che su questo non ti troverò d'accordo...
un abbracio alfredo,
l'orso biondo

Alfredo ha detto...

Sugli errori del centro-sinistra sono d'accordo. Non lo sono se si parla di connivenze (quale guadagno ne hanno avuto i vari D'Alema, Prodi, Rutelli, Amato, Veltroni?) e soprattutto dissento dall'auto-compiacimento del prendere le distanze dal proprio vicino più prossimo disinteressandosi di chi invece è dall'altra parte della barricata.
Non mi piacciono le auto-assoluzioni, personalmente non sono nel mio stile. Se dobbiamo fare analisi di berlusconismo sicuramente troveremmo delle tracce anche in me ed in te che facciamo la vita più anti-berlusconiana possibile (studi o lavori intellettuali).
Abbiamo tutti pensato, colpevolmente, che Berlusconi fosse una piccola parentesi della storia d'Italia. I dirigenti di centro-sinistra lo hanno sottovalutato in questo quindicennio, noi lo sottovalutiamo oggi se pensiamo che l'antidoto migliore contro questo quinquennio che ci attende è ripiegarci nel nostro privato e il nostro scopo è prendercela con Veltroni ed il Pd che avrebbero dovuto fermarlo prima.
Come ho scritto nel post, è una fase di ripensamento profondo per la sinsitra italiana e non solo, ed un ripensamento profondo (su questo credo che converremo) non avviene in una legislatura, tantomeno in una campagna elettorale.
Lavorare per chiudere davvero e definitivamente questa fase di storia italiana e tutelare le istituzioni democratiche nel frattempo però è un dovere e come tutti i doveri è faticoso, a tratti sembra poco esaltante, poco coerente.
Se ci sottraiamo ad esso però, in primis facciamo trionfare l'edonismo e l'egoismo capitalista e berlusconiano secondo il quale nella vita va fatto e vissuto solo ciò che ci piace, che ci solletica, che ci arrapa. Ed il trionfo di ciò in politica significa che questa smette definitivamente di essere il terreno incontro e diventa il luogo di scontro e di auto-affermazione ideologica a discapito di tutti, anche del mio vicino (il '77 docet).
In secondo luogo rischiamo di ritrovarci senza lo spazio ne' per pensare, ne' per ripensare, e soprattutto con un paese senza più alcuna energia morale.
Di Colombo io apprezzo proprio l'aver lavorato da uomo di sinistra senza mai piangersi addosso, senza mai dire che le cose non vanno come dovrebbero, che "io farei diversamente", che "è colpa di qualcun'altro"...

Anonimo ha detto...

Non conosco bene Colombo a parte qualche articolo.
Detto questo non ho condiviso proprio tutto di piazza navona.
In ogni caso vorrei partire dalla considerazione di sergio sulla definizione chiara del soggetto referente della sinistra.
Soggetti referenti della sinistra ci sono, a partire dai precari, studenti incazzati/ no global, ceto medio, grillini( in parte) e perchè no operai.
Il problema è che la sx si è fatta portavoce di queste categorie nel quinquennio 2001/2006, quando era all'opposizione. Arrivata al governo non ha saputo gestire quella buona percentuale di voti che prese. Il 20 ottobre a Roma c'erano un milione di persone in piazza e non sono riusciti il giono dopo a modificare neanche un punto del protocollo sul welfare, ad esempio la decontribuzione degli straordinari, la cosa più richiesta proprio dai lavoratori.
Le spese militari sono aumentate con le due finanziarie, quando erano state fatte negli anni precedenti centinaia di manifestazioni no war con tanto di bandiere del prc, pdci, verdi e ds.
Si doveva fare verità e giustizia per genova e non è stata fatta.
E tante altre cose che non sto qui ad elencare.
Nonostante buona parte delle promesse erano state firmate da tutti i componeti dell'Unione e la sx aveva preso il 12% dei voti.
I risultati del 14 aprile evidenziano come la sx abbia pagato caro questi due anni di governo.
La risposta a quella sconfitta è stata " non ci hanno capito".
Così anzichè fare un'analisi attenta di quello che è successo, uscire dalle sezioni per denunciare quello specchietto per allodole che è la robin tax, criticare la detassazione degli starorsdinari e il fatto che la pressione fiscale non verrà ridotta prima del 2013, si preferisce creare mozioni su mozioni come sta succedendo all'interno del prc andando a creare un'uteriore spaccatura.
Bisogna pensare al fatto che la sx negli altri paesi c'è(%15 in germania, zapatero in spagna), bisogna pensare a una una nuova sx che non sia quella del perenne no che non sia quella degli interessi corporativistici, che non sia quella che al dialogo con il pd pone subito il veto, e che non sia casta esoprattutto che sia compatta rinunciando alla eccessiva purità in nome di un pragmatismo che manca da anni.
Detto questo penso sia doveroso per noi studenti, dottorandi precari e lavoratori e non, muoverci autonomamente e compatti per far emergere quelli che sono le leggi vergogna e i tanti tagli che stanno facendo su scuola università e ricerca.
Spetta a noi smuovere le acque, dobbiamo portare a galla i problemi e le lamentele, cosa che non sta facendo di certo il PD all'opposizione.
Poi toccherà alla sx valutare le moltitudinie e il modo in cui si docrà approcciaere ad essa.

P.S. non dò mai il mio meglio
su internet.

sergio ha detto...

la discussione si sta infiacchendo e la stagione, la sabbia e i corpi sudati e salati non aiutano di certo... allora, faccio un discorso di opportunità politica, a dir la verità di opportunismo tattico & strategico. quello che volevo e voglio dire è che senza un riferimento partitico chiaro, le istituzioni, i sindacati e le organizzazioni socio-politiche hanno ogni volta, e sempre di nuovo, da spaccarsi la testa nel costruire e portare a compimento campagne per singole rivendicazioni, senza contare lo sforzo, ai limiti del miracolo, nell’erigere piattaforme trasversali da contrapporre all’arbitrio del vaticano e dei padroni italioti. è mai possibile, ti/vi chiedo, che ci dobbiamo aggrappare a un tribuno della plebe come di pietro, che al di là della sana arrabbiatura, non conosce la differenza tra economia politica e politica economica? cosa fanno i dirigenti della sinistra? se probabilmente è questa la traiettoria della politica a venire va bene, basta saperlo. il fatto è che con un partito decente alle spalle, tutto sarebbe più facile: non si dovrebbe ogni volta ricominciare da zero (questa prospettiva è peggio di un supplizio). esempio concreto e di attualità accademica: uno dei modi per sottrarre la formazione post lauream pubblica al nepotismo, alla corruzione e alla devastazione morale potrebbe essere quello di creare 2 o 3 mega-scuole di dottorato (nord-centro-sud, naturalmente senza l’esclusione dettata dalla provenienza) e nelle quali, dopo un concorso nazionale, i dottorandi/borsisti possono svolgere le loro attività senza divenire carne da macello o di scambio per tre o più anni. (naturalmente questa proposta lascia il tempo che trova visto che mi serve solo da exemplum). la questione è questa: pensi che una proposta del genere possa divenire concreta in modo più veloce e semplice se perseguita in parlamento da un partito (nel nostro caso un nuovo pc) oppure come una proposta unica avanzata dai gruppi studenteschi universitari, nel migliore dei casi federati, per poi essere portata come materia di discussione alla conferenza dei rettori (uno dei massimi organi decisionali accademici)?
certo, tu mi puoi dire che forse questo è il bello della politica non più assoggettata alle logiche partitiche e che ha nell’impegno della società civile il proprio cuore pulsante. ok, ma quella che tu chiami “energia morale” ha bisogno di un corpo che sopravviva e che possa esser tale ogni mese, non uno sì e l’altro forse. e questo succede grazie a un salario decente. dal mio punto di vista, prima l’economia e poi la morale, perché se non c’è la prima la seconda, nel migliore dei casi, è mera ideologia oppure sfrenato nichilismo, e questo giusto quelle poche volte che il cervello ha ancora la possibilità di funzionare. per me è oggi indicativa la questione della scala mobile: la follia di averla cancellata come una delle colpe più grandi della sinistra (non comunista).
poi, naturalmente, la sottrazione egoistica all’impegno politico - e tutto ciò che purtroppo comporta - può avere ragioni profonde e ogni volta personali, ma di certo non viene mai vissuta in modo edonistico o divertente, almeno dal sottoscritto.
[per quanto riguarda veltroni e d’alema, poiché né prodi né rutelli posso ascriverli al pc, il gatto e la volpe hanno scelto la connivenza con il berlusconismo perché, una volta voltate le spalle ai pilastri del marxismo e senza più l’oro moscovita, non avevano che da riposizionarsi su uno scacchiere politico che li obbligava e li allettava con i miraggi di una “seconda repubblica” nella quale avrebbero rivestito dei ruoli da protagonisti. una sorta di scelta obbligata e di campo: dove si sarebbero potuti posizionare una volta abiurato il comunismo e senza la forza di rigettare un criminale indebitato come interlocutore privilegiato di un capitalismo italiano in panne? una vera e propria questione di economia aristotelica del movimento (tertium non datur, nel senso che la loro immaginazione politica non riuscì a superare la povera e arida sillogistica del potere dello stagirita)].
saluti all'amos

Alfredo ha detto...

Sono d'accordo sulla difficoltà dell'agire politico senza un punto di riferimento concreto in parlamento. Questo però è anche (non solo, ma anche) frutto di una certa tendenza a sinistra al differenziarsi. Nel '77 il PCI c'era, era la più grande istituzione della sinistra europea, eppure fu contestato duramente dai movimenti che ritenevano di poter fare da soli, essere autonomi rispetto ad esso. Le conseguenze di quella scelta scellerata le paghiamo tutt'ora.
Dicevo, sono d'accordo sull'assenza di un punto di riferimento non culturale, ne' ideologico, ma politico, una spina dorsale attorno alla quale proliferino rivendicazioni, disegni di un'altra società possibile. Non mi ci trovo più quando si pretende che questo soggetto possa nascere tout-cours da un giorno all'altro e l'analisi secondo la quale se non nasce è colpa dell'incapacità di qualcuno. Il fermento all'interno della società, le singole rivendicazioni, quelle difficili da far vivere, a mio parere non devono essere vissute solo ed esclusivamente come un modo per ottenere il risultato. Sono anche un modo per contribuire nel nostro piccolo a costruire questa nuova soggettività, per la nascita della quale non è detto che bastino pochi anni. La sinistra non è in crisi solo in Italia, lo è in tutto il mondo. In Italia ancor di più per gli atavici problemi che ci portiamo dietro. Parlar male della sinistra italiana, sport decisamente troppo facile e (per quanto mi riguarda poco allettante), a tutto quello che ho detto serve davvero a poco, e molto spesso è solo un modo per de-responsabilizzarci. Mi fa sorridere spesso ricevere critiche di moderatismo, di conservatorismo, da chi poi nella propria vita individuale non muove un dito concretamente per provare a cambiare la realtà a sè più vicina (Sergio, naturalmente non mi rivolgo a te!). Basti guardare la situazione in Università. Tutti pronti a lamentarsi, ma nessuno ha alzato un dito per far rinascere il protagonismo degli studenti, la loro presenza... Tutti pronti a lamentarsi che non ci sono voci laiche autorevoli, ma nessuno prova ad essere lui stesso una voce laica in un consesso pubblico... Meglio parlar male dei teo-con nei corridoi, il loro assenza, mai ad aver la voglia di prender posizione pubblicamente sui loro temi!
Purtroppo contribuire a cambiare le cose significa sacrificare parte del proprio tempo, dei propri affetti, della propria serenità.
Meno logos, più phronesis!
E' vero, tertium non datur. Nella politica è così. Il terzo devi costruirlo, devi contribuire a costruirlo giorno dopo giorno, spesso brancolando nel buio.
Tom Benettollo, ex-presidente arci, uomo che lavorava nell'ombra, prematuramente scomparso, ha scritto queste parole in cui mi riconosco completamente:

In questa notte scura,
qualcuno di noi, nel suo piccolo,
è come quei “lampadieri” che,
camminando innanzi,
tengono la pertica rivolta all’indietro,
appoggiata sulla spalla,
con il lume in cima.
Così,
il “lampadiere” vede poco davanti a sé,
ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri.
Qualcuno ci prova.
Non per eroismo o narcisismo,
ma per sentirsi dalla parte buona della vita.
Per quello che si è.
Credi.