venerdì 6 agosto 2010

L'evoluzione di Fini a spese del Paese

da LINKREDULO di Martedì 03 Agosto 2010 13:40 - http://www.linkredulo.it/politica/1381-levoluzione-di-fini-a-spese-del-paese.html

Le parole usate da Fini nella conferenza stampa post-cacciata dal Pdl suscitano giustamente la domanda ‘ma se ne accorge solo oggi che Berlusconi è illiberale?’. Se così fosse ci troveremmo di fronte ad un politico di bassissimo livello, incapace di capire quello che negli anni hanno denunciato svariati analisti di cultura liberale o anche conservatrice. La realtà è a mio parere profondamente diversa dall’ipotesi che Fini non avesse capito, ma non è detto che sia migliore.

Alla discesa in campo di Berlusconi, questi riuscì a far stare dalla sua parte tre forze provenienti da diverse parti dell’arco parlamentare e con prospettive diverse:

1) l’arcipelago centrista, poi unitosi nell’Udc attorno alla leadership di Pier Ferdinando Casini, parte della diaspora democristiana che riteneva lo scudo crociato irrimediabilmente alternativo alla sinistra. Si collocò a fianco di Berlusconi con la speranza che la pratica di governo contribuisse a “costituzionalizzarlo” o che tutt’al più lo logorasse aprendo una nuova fase politica in cui potevano giocare un ruolo da protagonisti senza la macchia di un’alleanza con la sinistra;

2) la Lega Nord, unita a Berlusconi da un comune sentimento anti-statale e dall’estraneità al ceto politico della Prima Repubblica. Dopo il divorzio di fine ’94 la Lega ha preso le misure a Berlusconi capendo che questi non avrebbe opposto alcun tipo di freno alle politiche federalistiche a patto che l’alleato nordista non mettesse in discussione la sua leadership, l’attacco alla giustizia come viatico all’impunità e le leggi ad personam per favorire le sua aziende;

3) Alleanza Nazionale, cui il Cavaliere sapeva di fare un’offerta che non potevano rifiutare: sdoganare il vecchio MSI permettendo ad uomini provenienti da quella storia di ricoprire incarichi di governo sempre più importanti, dimostrando così di aver definitivamente superato la nostalgia del ventennio. Alleanza Nazionale era sostenitrice inoltre del sistema bipolare, ampiamente affermatosi proprio grazie all’ingresso di Berlusconi in politica: unendo le due cose se ne ottiene che una fase storica fatta di affermazione del bipolarismo e sdoganamento dei fascisti sarebbe prevedibilmente stata foriera di un’altra fase, ad essa successiva, in cui quello che era il vecchio MSI avrebbe potuto giocarsi le sue carte fino in fondo, fino magari a proporre una leadership.

Sappiamo come si è conclusa l’alleanza con l’Udc: la speranza di una costituzionalizzazione di Berlusconi si è infranta in anni di pratiche eversive e di leggi ad personam; inoltre l’evo berlusconiano nel 2008, anno della rottura dell’alleanza, dimostrava di non essere una fase transitoria della storia politica italiana, un boccone amaro da buttar giù per i democristiani alternativi alla sinistra per aprire una fase nuova dalla parte giusta. Col passare degli anni e con l’accelerazione impressa dal predellino anzi l’evo berlusconiano dimostrava la sua insaziabile voracità, di fronte alla quale l’Udc ha deciso di proseguire il suo cammino altrove.

La Lega è indubbiamente l’alleato più fedele di Berlusconi. Disinteressata ad imporre una leadership alla coalizione, ne’ a dimostrare la propria appartenenza a qualche nobile famiglia politica europea (intento che inevitabilmente entra in contrasto con l’alleanza con Berlusconi), il suo unico interesse è corrodere lentamente l’unità nazionale ed acquisire posizioni di forza sul territorio. Ogni giorno in più dell’evo berlusconiano, così privo di un disegno politico capace di imporsi e di configgere con i progetti leghisti, così interessato all’impunità ed ai profitti del Capo (quindi pronto a cedere su tutte le altre questioni) è un giorno in più per proseguire su questo doppio binario: corrosione dell’unità nazionale e posizionamento in sempre nuove amministrazioni locali. Solo quando Berlusconi sparirà dalla scena politica potremo renderci conto davvero della lungimiranza eversiva di questo disegno.

Il discorso su Alleanza nazionale è un po’ più complesso: è rimasta al fianco di Berlusconi, avallando ogni nefandezza, ogni legge ad personam, ogni tentativo di eversione e di delegittimazione dell’ordine costituzionale, consapevole che abbandonarlo significava ritornare ad essere “i soliti fascisti” cui non affidare le chiavi delle istituzioni o, peggio ancora nella loro prospettiva, dei trasformisti che rinnegavano la vocazione bipolare. Questo accordo ha finito per tenere Alleanza nazionale a fianco del Cavaliere per oltre un quindicennio, permettendo a quest’ultimo di entrare in contatto con gli ex-colonnelli e di lusingarli con gioielli che nella loro militanza missina mai avrebbero pensato di poter toccare: comparsate tv capaci di renderli popolari e simpatici, Ministeri, schitarrate di Apicella etc. In questo percorso i Gasparri, i La Russa, gli Alemanno si sono dovuti porre il quesito su quale dei due leaders seguire: entrambi autoritari e poco disposti ad una qualche cessione di sovranità, gli ex-colonnelli hanno scelto di fare i signorsì di Berlusconi, consapevoli che almeno erano ricompensati con il potere ed incensati nei salotti televisivi, veri viatici al consenso.

La cinica operazione finiana (cinica soprattutto per lo stato di salute della democrazia italiana) era parsa negli anni infrangersi ogni qualvolta emergeva un nuovo lacchè di Berlusconi all’interno di Alleanza Nazionale. In quest’ottica probabilmente mandare alle ortiche un partito che ormai non lo seguiva più e giocarsi il tutto per tutto ricoprendo la terza carica dello Stato forse è stata tutt’altro che un’ingenuità.

Oggi infatti l’immagine di Fini, tralasciando i fan più sfegatati di Berlusconi (sulla cui eclissi punta il disegno finiano), è totalmente imparagonabile a quella che lo stesso aveva nel ’94: oggi Fini si presenta come l’uomo delle istituzioni, alfiere di una destra moderna ed europea, ben accetto nel PPE e nei salotti buoni, capace di convincere ed essere applaudito persino da quello stesso popolo antimafia che 18 anni fa lo cacciava dal funerale di Paolo Borsellino.

Degli interrogativi sul senso di questa metamorfosi però non possiamo non porceli senza difettare in memoria storica. A fianco della metamorfosi di Fini in questo quindicennio, decisamente favorevole al prestigio del Presidente della Camera, va posta la metamorfosi del paese, divenuto più cinico, più povero, con delle istituzioni più deboli ed una democrazia molto più fragile. Probabilmente in un paese meno disperato e con un’opinione pubblica più forte il tentativo di Fini di accreditarsi come una destra credibile sarebbe immediatamente stoppato dalla domanda: ne valeva la pena per interessi di bottega (lo sdoganamento della destra) essere complici dell’eversione berlusconiana per un quindicennio? Probabilmente però in un paese diverso non sarebbe neanche necessario porre questa domanda perché qualunque forma di complicità con il berlusconismo sarebbe tout court incompatibile con una qualsiasi forma di credibilità pubblica.

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