martedì 3 agosto 2010

Sulle spiagge di Ostia siamo rimasti soli

da LINKREDULO di Lunedì 02 Agosto 2010 18:08 - http://www.linkredulo.it/opinioni/1379-sulle-spiagge-di-ostia-siamo-rimasti-soli.html

In un’Italia in cui è completamente scomparso il dibattito sulla questione sociale e sulla scena pubblica si alternano solo parole e personaggi patinati, l’improvvisa comparsa di qualunque fenomeno diverso da questo standard viene spesso etichettata con l’aggettivo “pasoliniano”. Comincio col dire che questo riferimento al maestro che i sobborghi, le periferie urbane, il sottoproletariato lo conosceva bene con tutta la sua complessità, i suoi drammi ed anche la sua poesia è la riprova di un vuoto di dibattito e di strumenti ermeneutici per leggere il presente. È anche però un tradimento ed un uso distorto dell’opera di Pasolini.


Nelle ultime settimane sta impazzando su Youtube ed in televisione il video di due ragazze di Ostia che intervistate da SkyTg24 hanno risposto con espressione colorite ed in un dialetto che ha indotto al riso centinaia di migliaia di persone sul web ed attirato l’attenzione di giornali, telegiornali e telebuffoni. Il Tg2 e Carlo Verdone, tra gli altri, le hanno prontamente definite “pasoliniane”.

Ho parlato di tradimento dell’opera di Pasolini perché questi parlava del sottoproletariato qualche decennio fa, celebrando la sua estraneità alla Storia, il suo essere rimasto immune da tutte le metamorfosi che avevano attraversato la società italiana ed occidentale, ripiegato in un’intimità che lo rendeva estraneo al Mondo e alle sue lusinghe, profondamente cinico ed estraneo alle ritualità ed al perbenismo del mondo borghese. In quell’estraneità Pasolini ci leggeva un’ingenuità tutt’altro che arrogante: quel popolo mancava di curiosità nei confronti del Mondo ma allo stesso tempo non si sentiva migliore di esso. Il Mondo e la Storia non erano per essi un altrove da cui avevano scelto coscientemente di estromettersi: semplicemente non esistevano. La poesia che Pasolini vi leggeva nasceva proprio da questo.

Allo stesso tempo però il maestro era tutt’altro che un inebetito spettatore di un sepolcro da ammirare e cantare: di quel Mondo e di quella Storia cui il suo popolo era estraneo il maestro era un critico feroce, capace di vederne la violenza e la pervasività a cui stava giungendo con il consumismo che minacciava di travolgere l’ingenuità e l’estraneità del suo amato popolo. Bello e fragile il popolo, aggressiva e senza scrupoli la Storia: il fascino del primo dipendeva integralmente dall’estraneità dalla seconda e dall’assenza di ogni qual minimo strumento per difendersene.

Pasolini non ha assistito al dilagare del mondo dello spettacolo, divenuto lo strumento più forte col quale il mercato ha terminato l’opera di omologazione che egli denunciava. I corpi e le vite sono diventate non solo piallate dagli oggetti di consumo, ma esse stesse oggetto di consumo di un pubblico a cui vengono mostrate e vendute. Oggi non siamo ancora riusciti a decifrare l’enormità dell’operazione ideologica messa in campo da reality show e programmi affini che con l’ostensione del corpo e del successo di qualunque signor nessuno che con qualche buffonata riesce a diventare qualcuno, a “realizzarsi”, testimonia ad ogni subalternità (sociale, culturale, geografica) la lusinga del successo individuale e l’inutilità di un’emancipazione collettiva che metta in discussione gli squilibri del presente. Questa trasformazione in oggetti di consumo delle vite e dei corpi ha sancito il trionfo di quel processo di omologazione di cui Pasolini aveva profeticamente visto l’inizio.

Le ragazze di Ostia sono l’acme di questo processo. Guardatele prima ancora di sentirle parlare e provate a mettere su una bilancia i tratti di estraneità al mondo e quelli di continuità. La bilancia penderà senza appello sul piatto su cui sono adagiati i punti di continuità, di omologazione, a cominciare dalla loro fisicità forgiata sui canoni televisivi a dispetto del maestro che parlava del corpo come ultimo punto di resistenza della classe operaia all’omologazione borghese. Altro che spontaneità, sembrano passata da trucco e parrucco, preparate a comparire davanti ad una telecamera ancor prima di sapere se c'è o meno una telecamera.

Quel canto di dolore di Pasolini che quasi quarant’anni fa vedeva l’ineluttabilità dell’omologazione e del consumismo è tradito oggi dalla nostra incapacità di leggere il presente accecati dalle luci della ribalta e dalle insegne luminose dei negozi, incapaci di servirci delle preziose lanterne che il novecento ci ha consegnato, sconfitte. Pasolini si collocava dalla parte del mondo che egli si accorgeva andare incontro ad una sconfitta, ma manteneva la lucidità di capirlo ed il coraggio di cantarlo; noi che oggi abbiamo perso, assordati dalle risa che accompagnano la parlata ed i modi di queste due ragazze ci accodiamo con silenziosi distinguo, timorosi di apparire radical chic e di accorgerci di esser rimasti soli.

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