martedì 18 ottobre 2011

Internazionale su Steve Jobs


Internazionale dedica questa settimana grande attenzione alla morte di Steve Jobs: oltre alla copertina (con il titolo “Steve Jobs, Il mago del capitalismo” ripreso da un articolo di Isaacson sul Time) e ad un supplemento speciale in cui vengono raccolte 20 copertine di giornali di tutto il mondo, vengono proposti 4 articoli di cui riportiamo alcuni passi e le tesi principali. Riteniamo infatti che con Steve Jobs sia morto uno degli eroi eponimi del nostro tempo, grazie alla sua capacità di unire, nel bene e nel male, innovazione tecnologica, impresa, finanza e stili di vita. Discutere su di lui significa discutere dei nostri tempi, per questo l'iniziativa di Internazionale è meritevole e degna di essere ripresa e discussa.

Isaacson sul Time ha evidenziato la genialità di Jobs che lo ha portato a “rivoluzionare sei industrie: computer, film d'animazione, musica, telefoni, tablet ed editoria digitale”, a cui “se ne potrebbe aggiungere una settima: la vendita al dettaglio”. Quello di Isaacson è un elogio che a tratti sfocia nella apologia a tal punto da sentenziare che “la storia lo collocherà accanto a Thomas Edison e a Henry Ford”. Il perfezionismo come stile di vita e di politica aziendale viene descritto come la cifra di Jobs, ossessionato dalla qualità e dall'estetica dei prodotti che proponeva.

Proprio al prodotto Apple sono rivolte le attenzioni di James Surowiecki sul New Yorker: in un articolo intitolato “Com'è cambiato Steve Jobs” si racconta come l'ossessione per il controllo del prodotto, per la sua 'chiusura' a qualunque intervento esterno sia stata la scelta iniziale di Jobs ma che questi l'ha dovuta mitigare quando è tornato alla guida dell'azienda da lui fondata. Dalla sua maggiore disponibilità a “giocare con gli altri” sarebbe nato, secondo Surowiecki, il successo della Apple degli ultimi 10 anni, sostituendo a software ed hardware brevettati ed immodificabili, prodotti come l'iPod, compatibile con Windows ed il formato mp3 o come l'iPhone, con le oltre 400.000 applicazioni create da programmatori esterni: “il vecchio Jobs probabilmente avrebbe cercato di limitare il numero delle applicazioni nell'interesse della qualità […] il nuovo Jobs ha cambiato strategia”.

In un breve articolo su Le Monde si celebra la capacità di Jobs di essere “un leader globalizzato”, capace di sfruttare al meglio le occasioni offerte dalla globalizzazione.

Tra gli articoli riportati da Internazionale quello più politicamente scorretto è certamente quello scritto da Mike Daisey sul New York Times. Il titolo è irriverente verso la mole di parole dedicate alla morte di Jobs: “nessuna nostalgia” e comincia dicendo “Steve Jobs era un nemico della nostalgia”, per poi continuare con “ la sua insofferenza verso gli stupidi era leggendaria, e la valanga di articoli sulla sua vita che si pubblicano oggi gli darebbero sicuramente ai nervi”. Viene descritto un personaggio molto obiettivo, capace nonostante la sua enorme autostima di essere consapevole dei suoi limiti, delle “aspettative che ha deluso”. A riguardo Daisey evidenzia come la Apple nell'ultimo decennio, al pari di tutte le grandi corporations, abbia spostato la produzione laddove il costo del lavoro e le misure di sicurezza sono più favorevoli per l'impresa: nella Cina del Sud ad un'impresa come la Foxconn, tristemente nota per i suicidi nei suoi stabilimenti. Sotto l'aspetto del modello produttivo, conclude Daisey, c'era forse da aspettarsi qualcosa di diverso da un colosso con le risorse e lo spirito della Apple di Steve Jobs.


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da LINKREDULO di MARTEDì 18 OTTOBRE 2011 - http://www.linkredulo.it/opinioni/2305-internazionale-su-steve-jobs.html


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