sabato 25 febbraio 2012

La Lega al Purgatorio dell'opposizione


I programmi della Lega erano altri e fino ad un anno fa tutto sembrava andare bene: continuare a crescere elettoralmente, conquistare posti chiavi nelle amministrazioni locali, ostentare un cinico distacco dal Pdl e dagli scandali legati a Berlusconi sostenendo la linea che si stava insieme perché c'era bisogno dei voti per il federalismo.

Un epilogo del berlusconismo era prevedibile già un anno fa ed oltre (non fosse altro per questioni anagrafiche), ma la Lega non se ne preoccupava, anzi: in assenza di partiti nazionali capaci guidare una transizione (apparendo fino all'anno scorso il Pd sempre più in ritirata al Nord) e con il vento dell'anti-politica che spirava forte, la speranza era quella di capitalizzare le esperienze di governo nelle amministrazioni del Nord ed i pochi risultati del governo centrale targati Lega per alzare il livello delle rivendicazioni, magari rispolverando il vessillo secessionista. Era un piano che sembrava filare liscio ed invece...

I festeggiamenti per i 150 anni non hanno giovato: soprattutto nel Piemonte di fresca conquista con l'elezione di Cota le celebrazioni hanno risvegliato un sentimento patriottico in tutta l'opinione pubblica, marginalizzando gli esponenti leghisti che se ne sono allontanati o lo hanno irriso. L'alluvione in Veneto e la cattiva gestione che il governo centrale ne ha fatto hanno creato malumore anche nel tanto declamato Nord-Est. La perdurante situazione di stallo del governo centrale, incapace di affrontare la crisi, ha reso sempre più difficile presentare l'alleanza con Berlusconi come l'amaro calice, necessario per incassare dei risultati che non arrivavano, facendo montare nella base e nell'elettorato una legittima domanda: ma ne vale la pena? Questa domanda, come un pericoloso tarlo, ha scalato i vertici del partito, arrivando per la prima volta nella sua storia ad una evidente spaccatura. La sconfitta a Milano e la posizione presa in occasione dei referendum (sintomo di come i vertici avevano perso il polso dell'opinione pubblica) sono stati la dimostrazione evidente che qualcosa si era rotto.

La lunga estate, con manovre su manovre, situazioni di empasse create anche dalle prese di posizioni di Bossi, ha logorato ulteriormente il partito che è apparso ormai parte delle pastoie romane incapaci di decidere e lontane dalle preoccupazioni della gente.

Fatte queste premesse non è difficile capire perché il governo Monti ed il passaggio all'opposizione sia stato vissuto quasi con gioia dalla Lega. La crisi del berlusconismo che si credeva catastrofica si è verificata ma è stata congelata dal governo tecnico. L'innalzamento del livello del conflitto, la riscoperta della battaglia secessionista (vedi la convocazione del parlamento del nord) appaiono in questa fase poco credibili, anche perché la politica tutta è stata commissariata e non è ad essa che l'opinione pubblica guarda sperando che risolva i problemi. Le misure di austerithy però possono cambiare velocemente lo scenario: dal successo o insuccesso del governo Monti, dalla sua popolarità dipende anche il destino della Lega.


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da LINKREDULO del 25/11/11 - http://linkredulo.it/giornale/politica/2397-alfredo-ferrara.html

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